lunedì 22 agosto 2016

L'occhio della mente e la vista dell'anima



Vedere con gli occhi dell'Anima: E' POSSIBILE

La “vista” è il senso che più ci rassicura rispetto alla percezione della realtà in cui viviamo. Il “guardare” è un’azione apparentemente immobile che riempie la coscienza; è accogliere dentro di sé l’intero arco dei colori che si fanno “forma” nella luce, che ne è la sostanza cosmica; ma soprattutto è l’apertura di un “canale” che parte dal cuore e si estende nello Spazio infinito, per poi ritornare alla mente, illuminandola.

Queste facoltà sono proprie anche degli altri sensi: il gusto, il tatto, l’olfatto e l’udito. Tutti insieme ci mostrano infatti la “dimensione” del nostro essere che, per il loro tramite, può sondare con invisibili raggi luminosi, i dettagli della realtà che gli ruota intorno. Ma tutto questo è solo una piccola parte delle nostre potenzialità.
Dentro di noi vi è un potere ancora superiore. Vi sono un’infinità di “sensi sottili” che possono moltiplicare, come un gigantesco tele-microscopio, le nostre effettive capacità percettive, sensoriali e intuitive. Come fare per scoprirlo?

Osserviamoci. Non siamo fatti di materia fisica. Il nostro corpo è una fonte di energia in movimento, è “vibrazione”, è “Suono” che invia la propria melodia intorno a sé, come un’astronave azzurra che solca gli spazi del tempo. Ognuno di noi emette quindi una propria “frequenza” sottile, che permea e costruisce la realtà, insieme agli altri esseri viventi. Dobbiamo immaginarci come un “prisma” fatto di innumerevoli canali di cristallo, nei quali fluisce la luce, l’energia vitale che muove la nostra esistenza.

“Non importa quello che stai guardando, ma quello che riesci a vedere. 
(Henry David Thoreau)


Per quanto a qualcuno possa sembrare paradossale, guardare ha un suo significato, vedere ha tutt’altro significato.
Infatti il ‘guardare’ non presuppone che si riesca anche a ‘vedere’! Vedere deriva dal latino videre e si pone come significato la percezione della realtà attraverso l’uso della vista. Quindi vuol dire capire, scoprire ed interpretare ciò che ci circonda; molte volte chi guarda non vede, perchè guardare è un’azione riflessiva come fare attenzione a qualcosa o qualcuno, ma non si va oltre! Se la gente vedesse e non si limitasse a guardare, probabilmente vivremmo in un mondo migliore.


L’altra via dall’occhio al cervello
Una scoperta notevole nei meccanismi della visione: David Berson e altri ricercatori del dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Brown hanno trovato un’altra via di transito per la trasmissione delle immagini dall’occhio al cervello. I loro studi, pubblicati su Nature, rivelano l’esistenza nella retina di un altro gruppo di cellule che, come coni e bastoncelli, hanno funzione di fotorecettori. Cioè trasformano il segnale luminoso in un linguaggio, l’impulso elettrico, comprensibile al cervello. Queste cellule fanno anche di più: sono responsabili del mantenimento dei ritmi giorno-notte dell’orologio interno dell’organismo. Ciò spiega perché i non vedenti – in cui è compromesso il funzionamento di coni e bastoncelli – sanno distinguere il giorno e la notte. Le immagini camminano dunque su due corsie parallele che, in maniera del tutto indipendente, portano la percezione del mondo al cervello; la scoperta di questa nuova via richiederà, dunque, un riesame globale dei meccanismi di funzionamento della visione nei mammiferi. (p.m.)

L'Occhio Vede Solo Ciò Che la Mente Vuole Vedere?
Non solo l’occhio vede solo ciò che la mente vuole vedere, ma anche le orecchie sono disposte ad intendere solo ciò che bramano sentirsi dire. Ecco perché i filosofi greci insistevano sul motto: 'Conosci te stesso.' Perché è da lì che parte la nostra Weltanschauung (visione del mondo) come la chiamava C. Jung, il quale affermava che possono essere molteplici e le citava nel suo: Il Problema dell’Inconscio nella Psicologia Moderna (1931): filosofiche, idealistiche, estetiche, pratiche, religiose, romantiche, e così via. E le definiva: “un orientamento concettualmente formulato.”

Possiamo quindi razionalmente dedurre che il mondo assume non l’aspetto che vediamo, ma quello che noi gli vogliamo dare. Non è un concetto solo moderno; già gli antichi maestri spirituali indù affermavano che: “La drammaticità della vita è frutto della nostra proiezione mentale.” La qual cosa ci fa veramente pensare. Se il mondo è come lo 'vedo' io e non come è realmente, è opportuno che mi fermi a riflettere e mi chieda il perché. E vada oltre i fatti e tenti di estrarre la morale dal tutto, togliendo il paraocchi dall’alienante conformismo odierno.


E’ molto importante rendersi conto di cosa ci gira attorno, e questa 'consapevolezza' non ce la regala nessuno; la dobbiamo conquistare con momenti di riflessione. Troppa gente vive inconsapevole del proprio modo di essere e agire. Per questo i filoni della saggezza orientale indicano come rimedio per tale dissociazione della personalità l’esercizio della 'consapevolezza' e quindi della Meditazione o esame di coscienza che dir si voglia.



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©Diario di una ragazza indaco di Michela Marini

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